Quanto contano il curriculum, il carisma o la notorietà dell’autore ai fini della pubblicazione? - TitaniEditori

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Quanto contano il curriculum, il carisma o la notorietà dell’autore ai fini della pubblicazione?

Joy Terekiev
“Conta a livello di promozione, non c’è dubbio. Se hai un nome televisivo o radiofonico hai una grancassa diversa, ma in fase di acquisizione, parlo a titolo personale ovviamente, non mi interessa. Io scelgo un libro se nel testo “ci vedo” qualcosa”.

Nicola-Lagioia
“Non contano niente. Possono contare dopo. Nel senso che se l’autore che abbiamo scelto di pubblicare è noto o carismatico questo magari può aiutare il libro a farsi spazio. Ma si tratta di ragionamenti successivi alla decisione di pubblicare il libro. Ci è capitato di rifiutare testi di autori molto noti, perché non ci convincevano. Allo stesso tempo, è capitato che andassero benissimo testi di autori completamente sconosciuti, prima di pubblicarli. Il caso di Valeria Parrella. O di Giorgio Vasta. O di Paolo Cognetti. Tutti e tre esordi di minimum fax”.


Stazzeri Longanesi
“Se un autore possiede curriculum, carisma e notorietà è chiaramente un autore pubblicato, e probabilmente anche con un certo successo. Per lui o lei si porrà al limite il problema se tale carisma e notorietà siano sufficientemente messi a frutto dal proprio attuale editore. Per gli esordienti chiaramente valgono invece  i criteri cui ho sopra accennato. I nuovi autori sono la linfa di ogni editore. Spetta a lui in buona parte individuare le potenzialità che ha una nuova voce di imporsi su un pubblico”.

Gemma Trevisani  
“Per niente e moltissimo. Nel senso che solo quando si è di fronte a un libro valido allora il fatto che l’autore abbia visibilità serve veramente. Quando c’è il libro, la capacità di comunicarlo da parte dello scrittore diventa importante: il dialogo con i lettori, la presenza in rete e tutto il resto. Ma, al contrario, non basta la notorietà per vendere un brutto libro, in particolare un romanzo. Una cosa vera, però, è che oggi gli spazi per parlare di letteratura sono pochi, specialmente in televisione, dove si arriva quasi esclusivamente se si è già conosciuti”.

3. Perché talvolta accade che per anni un testo venga rifiutato e d’improvviso diventi un bestseller mondiale?

Joy Terekiev
“Proprio perché molti, come me, valutano un testo esclusivamente in base al gusto personale. A volte è anche questione di fortuna riuscire ad arrivare alla persona giusta nel momento giusto”.

Nicola-Lagioia

“Nessuno conosce la formula del bestseller, tantomeno io. A ogni modo il concetto di “besteller mondiale” mi lascia un po’ freddino proprio come definizione. Sembra uscita da un ufficio marketing. Preferisco la storia di “Chiamalo sonno”, di Henry Roth. Ignorato per decenni, e poi rivelatosi (ma non propriamente un “bestseller mondiale” come le “Sfumature di grigio”) all’improvviso come grande romanzo degli ebrei-americani, gioiello tardivo del modernismo di cui non ci si era accorti. O di Faulkner scrittore semisconosciuto che aveva però già scritto libri come “L’urlo e il furore”, “Luce d’agosto” o “Mentre morivo” e all’improvviso (complice la pubblicazione di un’antologia) rivelatosi il grandissimo cantore del Sud, capace di rivaleggiare coi Melville o gli Hawthorne. O ancora i “Buddenbrook” che diventano un caso dopo l’uscita del tascabile. Insomma, rimasta ferma l’insondabilità del fenomeno, diciamo che ai misteri dei “besteller mondiali” preferisco i misteri dei capolavori della letteratura che piano piano, a un certo punto, vengono allo scoperto, e l’umanità si risveglia con un esemplare in più di cui andare fiera. Anche perché le “sfumature” sbiadiscono velocemente mentre il segno profondo inciso dagli Henry Roth, dai Thomas Mann, dai William Faulkner dura molto più a lungo nel tempo”.

Giuseppe Stazzeri  
“Semplicemente non si sa. Ed è la più semplice e incontrovertibile prova che il ben noto assunto pregiudiziale secondo cui le case editrici  “costruiscono a tavolino i bestseller” è una favola consolatoria che spesso alligna presso chi non ha ancora avuto accesso alla pubblicazione. Proprio la Longanesi pubblicò nei primi anni ’90 un grazioso ma per molti aspetti temibile libretto a cura di Mario Baudino, intitolato “Il gran rifiuto. Storie di autori e di libri rifiutati dagli editori”, di recente riproposto da Passigli. Fa una certa impressione, sfogliandolo,  vedere editori e letterati di prima grandezza motivare variamente il loro diniego ad autori come Primo Levi, Tomasi di Lampedusa, ma anche Tolkien e Stephen King. La verità, io credo molto semplicemente, è che un bestseller non nasce tale “in sé”. E per chi come me non crede in “capolavori assoluti” a prescindere, bensì in capolavori in relazione a una comunità viva di lettori, un testo non è sempre e comunque adatto alla pubblicazione indipendentemente da uno specifico tempo e contesto.  Ciò espone a responsabilità di scelta e a inevitabili errori. Esistono insomma circostanze storiche, di gusto,  di sensibilità cui non sfugge il migliore degli editori. A volte devono passare anni, mutare orizzonti percettivi e ricezione potenziale perché un autore trovi la sua strada e si imponga. In molti ricorderanno la traiettoria editoriale di George Simenon, da autore bestseller di narrativa serenamente apparentata ai gialli da edicola per i tipi di Mondadori, a scrittore languente in una pericolosa anticamera d’oblio, a consacrato autore letterario in casa Adelphi che ne reinventa radicalmente lo status e il posizionamento di pubblico”.

Gemma Trevisani  
“Proprio perché non ci sono rigidi criteri di inclusione ed esclusione, capita che alcuni romanzi non trovino gli interlocutori giusti in un determinato momento. Nella storia dell’editoria ci sono decine di casi del genere, li si può chiamare errori, vi si può di certo vedere una miopia da parte delle case editrici, eppure sono un numero infinitamente maggiore i libri che hanno trovato una giusta collocazione e che hanno visto instaurarsi rapporti di fiducia e condivisione di idee tra scrittori ed editori”.
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